Pubblicato su politicadomani Num 87 - Gennaio 2009

Chiesa e Stato

 

Ha suscitato scalpore l’iniziativa dell’Arcidiocesi di Milano di dar vita ad un fondo di dotazione iniziale di un milione di euro per le famiglie in difficoltà. È quanto ha annunciato l'arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, durante l'omelia pronunciata nella Messa di Natale al Duomo di Milano. Un “Fondo famiglia-lavoro” per venire incontro a chi sta perdendo l’occupazione. Attingendo dall’otto per mille destinato, dalle offerte pervenute alla Diocesi, da risparmi della diocesi e suoi personali, il vescovo ha messo a disposizione la cifra iniziale di un milione di euro.
L’iniziativa dell’Arcidiocesi di Milano si inscrive nella lunga tradizione di pastorale sociale della Chiesa italiana e del mondo. Non sono mancati tuttavia, anche in questa occasione, chi si è lamentato che la Chiesa starebbe prendendo il posto dello Stato, quasi che  quest’ultimo fosse lo strumento unico per rispondere alle esigenze di giustizia sociale.
Il punto è che in sistema di libero mercato e in democrazia la società civile non è sfera di competenza esclusiva dello Stato.
La questione merita un approfondimento. E questo si trova, a volerlo cercare, nella Dottrina sociale della Chiesa che è una prospettiva sull’uomo, un’antropologia. È prassi sociale relazionale, ovvero un agire con gli altri ed un agire per gli altri. I forza di una simile dimensione antropologica, gli interpreti della Dottrina sociale della Chiesa operano a partire dalla consapevolezza che le ragioni delle persone sono sovra ordinate alle ragioni delle strutture sociali: Stati, imprese, classi, partiti e via dicendo. Diceva Kierkegaard quando intese definire il paradosso cristiano che “il genere umano ha la proprietà, perché ogni singolo è fatto a somiglianza di Dio, che il singolo è più alto del genere”. Rivendicazione del primato della persona, quindi che si traduce in un personalismo che diventa strumento metodologico per l’indagine del come e del perché dei fenomeni sociali, e strumento volto alla prassi sociale per contribuire a rendere più umano il mondo in cui viviamo. Solidarietà e sussidiarietà sono i pilastri sui cui poggia il doppio profilo della Dottrina sociale della Chiesa – la comprensione scientifica della questione sociale e l’azione, inscindibili nel contesto teologico e pastorale. È stato Giovanni Paolo II, ad avere mostrato la complementarietà dei due principi e l’impossibilità di concepire l’una, da un punto di vista cristiano, a prescindere dall’altra.
Nelle società contemporanee, estremamente complesse, nessun governo, partito ed organizzazione burocratica può arrogarsi il diritto di conoscere quale possa essere il bene di coloro che intende “assistere”.
La Dottrina sociale della Chiesa si oppone all’idea che il tema della solidarietà sia ricondotto nell’ambito del paternalismo di Stato. Essa si caratterizza per il riconoscimento civile di quelle attività poste in essere da persone libere e responsabili per dar vita ad organizzazioni sociali con l’obiettivo di rispondere alle più svariate domande che provengono dalla società civile. È la solidarietà vissuta alla luce del principio di sussidiarietà, in sostanza, a rappresentare la pratica della “giustizia sociale” cristianamente intesa.

Approfondimenti sul tema in
www.tocqueville-acton.org ; www.cattolici-liberali.com

 

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